PORTRAITS

Mostra personale di
Angelo Tozzi

a cura di Antonio Fontana
dal 26 ottobre al 10 novembre 2013

Da un appunto di Robert Smithson:
…La mente e la terra sono in costante stato di erosione, tutto il corpo è trascinato nei segmenti celebrali, dove particelle e frammenti si fanno riconoscere come coscienza solida. Un mondo scolorito e fratturato circonda l’artista. Organizzare questo caos di corrosione secondo modelli strutture e suddivisioni, è un processo estetico che non è stato quasi mai preso in considerazione…”.

Forme razionali e semplici, colori incolori, ritmi scanditi da partiture di un pentagramma apparentemente mono tono, rigorosamente compongono spazi con asimmetrie geometriche straordinariamente lontane dal caos formando un equilibrio quasi metafisico. Vibrazioni di suoni diffusi nello studio dell’artista s’imprimono sulla carta con una logica estrema e ponderata. Eppure questi suoni creano il caos: sottili, acuti, grevi, possenti, striduli e caldi replicati quasi all’infinito. Poi il silenzio per riascoltarli, non acusticamente ma visivamente, attraverso quei segni impressi su fogli non più bianchi. Una metamorfosi della musica che dallo strumento si trasforma in frequenza sonora e attraverso Tozzi ancora in segno e colore. Segni, cromie e forme, rappresentano visivamente timbriche, intensità, vibrazioni, e colori di una musica talvolta incomprensibile, completa di pause e pieni armonici, che tramite un semplice segno di matita o punto di colore sprigiona la forza creativa del musicista, a tal punto di essere in grado di raffigurarne il ritratto. Non il classico ritratto pittorico, ma una sorta di essenza dell’anima creativa e della personalità del compositore completa con tutte le sue sfumature.

L’importanza relativa dell’immagine come figura reale, varia con l’arte, l’artista e opera. Se la rappresentazione fotografica o il ritratto realista, ci porta alla conoscenza dei tratti somatici del soggetto, questi non è detto ci portino alla conoscenza interiore.
Angelo Tozzi, nei suoi “Portrait” tralascia l’involucro esterno del ritratto, cogliendo nell’ascolto della musica eseguita “l’essenziale assoluto”, esattamente l’essenza pura dell’anima creativa del compositore. Ascoltando e riascoltando più volte un brano, fino a quando segni colori e forme, si sostituiscono ai suoni, accentuando le frequenze vibranti e le deformazioni visive nelle geometrie, riproducendo attraverso i punti le dissonanze armoniche, così da individuarne il carattere.

L’arte di Angelo Tozzi non è per nulla un’improvvisazione, ma è il frutto di una ricerca che affonda nella conoscenza profonda dell’arte stessa. A mio modesto parere in questa serie di “Portrait” Tozzi interpreta attraverso il suo personale linguaggio e il suo minimalismo la lezione di Kandinsky. Secondo Kandinsky i colori hanno un suono interiore somigliante al suono di una tromba: il bianco e il giallo illuminano l’opera, mentre nero e blu trasmettono drammaticità, il rosso infinito e caldo, si connota come colore vivace e inquieto, l’azzurro rappresenta il soprannaturale e il verde la quiete. Il colore è dunque per Kandinsky: “Un mezzo per influenzare l’anima. Il colore è il tasto. L’occhio il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima”.

Angelo Tozzi scarnendo totalmente il pensiero di Kandinsky, si appropria dei concetti delle teorie del maestro astrattista su le profonde affinità fra musica e pittura, eseguendo solamente quei dettagli decisivi di un essenziale minimo assoluto, che Kandinsky esaltava con la forza del colore e delle forme nel massimo assoluto.
Il mio confronto con Kandinsky forse può apparire audace a storici e critici, ma lo scopo finale di Angelo Tozzi, come per Kandinsky, è di comunicare contenuti spirituali, interiori, per mezzo della sua arte e del proprio modo personale di rappresentare.

Orari di visita: da martedì a domeica dalle 17:00 alle 20:00, venerdì e sabato dalle 17:00 alle 22:00 | Ingresso libero