WUNDE(r)KAMMER

o anseio da cada paraiso perdido

Mostra personale di
Gianluca Caputi

testi a cura di Duccio Trombadori
dal 27 giugno al 12 luglio 2015

E’ un bel vedere queste pitture del passato ripescate con mano sicura da Gianluca Caputi per venire immesse in un diverso circuito comunicativo, dove forma e significato storico perdono di senso, o si rivalutano come parte di un meraviglioso Atlante della cultura, o all’interno di una indecifrabile e senza confini ‘biblioteca di Babele’.
Così appaiono mani giunte, volti e corpi dipinti di Maria Maddalena, San Gerolamo, San Sebastiano ed altre figure della devozione seicentesca che ci osservano come se fossero appena state ritrovate nel fondo del mare. Il mare, metaforico è quello del tempo, quello reale ha invece procurato le abrasioni di cui i dipinti fanno mostra come fossero relitti di un gigantesco naufragio. Hanno attraversato i secoli, ed entrano in tensione dialettica col presente.
Così Gianluca Caputi le ha rivisitate e accuratamente deposte allo sguardo mediante una ricercata composizione di tecniche tradizionali e contemporanee. Il risultato è quello di una vitalità figurativa che persuade e invita alla attenzione. Le ‘copie’ sono il risultato di una complessa operazione di montaggio estetico attuale. Dal supporto ben trattato, si passa alla proiezione, al disegno, alla pittura fino a quando le immagini, sottratte in pieno al gusto seicentesco, non entrano in sintonia con la vernice spray, il bisturi, la mascherina seriale e il ruvido ‘frottage’. Si realizza così un singolare effetto di spaesamento.

Questo procedimento fa lievitare l’immagine per condensazione progressiva di materie opache e luminose, così che l’opera acquista l’apparenza del ‘relitto’ e fissa una misura di contrasto spazio-temporale. Ecco: l’arte del passato, a questo modo rianimata, occupa improvvisamente un posto nel tempo presente come ‘inquetudine del sapere’ che testimonia di un universo proteiforme capace di agglutinare in simultanea un variegato atlante delle civiltà. Gianluca Caputi effettua una sorta di ‘antropologia dell’immagine’ in contatto con la storia dell’arte, fruga nell’immenso archivio e crea un elaborato visivo che suggerisce domande sul senso della cultura e sulla sua infinita libertà di interpretazione. L’operazione cui Gianluca mette capo è quella di inquadrare, accumulare, montare il materiale iconografico: ma è proprio seguendo questo criterio di indagine estetica che egli mette capo ad un vero e proprio atto inventivo. Funzionalità, metodo, ordinamento concettuale predispongono l’esperienza estetica e i suoi obiettivi.

Architetto, designer, professionista per eccellenza nelle ‘architetture del mare’, lo spirito di Caputi è segnato da una passione costruttiva e funzionale anche di fronte all’ immagine della pittura. Egli non ama citare il passato come esercizio di gusto fine a sé stesso. Anche la memoria non si chiude nel cerchio della nostalgìa. Tutta la storia, tutta la ‘morta’ esperienza dell’arte, serve piuttosto ad arricchire il sentimento del presente, per guadagnare il futuro. Anche per questo le abrasioni, gli spruzzi di colore, il raschiamento delle superfici fino alla sparizione della pittura diventano elementi di forte sollecitazione estetica. Questo ‘scuotere’ l’opera d’arte del passato, questo metterla in tensione sottraendola alla calma quiete della sua vita da museo (parafrasi della ‘morte’), ne riattualizza e mette in relazione il senso. Se un cardine della esperienza ‘convulsiva’ surrealista è il principio dello spiazzamento di un oggetto dal suo luogo naturale, il simultaneo contrasto di passato e presente in tal modo evocato da Gianluca Caputi si imparenta ad un simile progetto estetico per chiarezza di esposizione e qualità di stile.

Orari di visita: dal lunedi alla domenica dalle 18:00 alle 20:00, sabato dalle 18:00 alle 21:00 | Ingresso libero